CAOS (parte 8)

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SCENARIO 9.

Ellen trovò il portone socchiuso, forse la serratura si era rotta. L’aspetto di quell’edificio non la rassicurò. Prima di varcarne la soglia diede un’occhiata al foglietto sul quale aveva annotato l’indirizzo e, suo malgrado, ebbe la conferma che il contesto doveva essere proprio quello. L’uscio d’entrata scricchiolò e si trovò nell’atrio male illuminato di un palazzo che pareva abbandonato. Pigiò l’interruttore delle luci senza ottenere alcun risultato. Si avviò quindi per le scale buie : quarto piano come da istruzioni. Ragnatele penzolavano dagli angoli ammuffiti del soffitto, l’umidità si era impadronita di quegli antri, sui gradini polvere e sporcizia accumulati dal tempo a cui nessuno sarebbe più importato pulire. Un silenzio surreale attorno, solo il rumore dei suoi tacchi che rimbombava nel vuoto. Cominciò a sentirsi a disagio, anche un po’ intimorita: cosa mai ci faceva Annette in un posto del genere? Perché non darsi appuntamento in un bar? Magari doveva mostrarle qualcosa, qualcosa di segreto, di molto importante. Ma l’inquietudine cominciava ad impadronirsi di Ellen, e ancora di più quando, cercando di suonare il campanello della porta di ingresso del presunto luogo di appuntamento, questi non emise alcun suono.
Allora bussò. Due colpi secchi, impazienti, con il pugno serrato e gelido.
Quando la porta si socchiuse, Ellen si preparò in un abbraccio per la sua amica, felice che non le fosse capitato nulla di brutto. Ma rimase così, stecchita e inorridita, a mani larghe come nella preparazione per un tuffo nel vuoto, quando, con sgomento, si trovò dinanzi il dottor Eichmann. Il suo viso era oltremodo imbruttito, l’espressione contratta. Impugnava un coltello dalla cui cima grondava del sangue rosso, scuro e denso che gli era colato abbondante anche sulle mani. Prima di rendersi pienamente conto di cosa le stesse accadendo, in meno di un secondo, quell’uomo, trasformato in una bestia adirata, la afferrò con forza trascinandola in casa per il polso con una violenza inaspettata, badando contemporaneamente a richiudere la porta con un calcio così forte da sgretolarne persino il muro dallo stipite.
Ellen perse l’equilibrio e cadde a terra prona. Venne afferrata per i capelli e trainata lungo il corridoio mentre gridava con tutta la voce che aveva in gola in preda al terrore puro e tirando calci nell’aria.
Il professore, sbuffando, la rivoltò assestandole una pedata nel fianco e afferrò uno straccio logoro che si trovava  appoggiato su un vecchio tavolo rettangolare di legno scuro, parecchio ammaccato, quasi al centro del locale. La donna spaurita cercò di guardarsi attorno. Nella penombra notò ciò che restava di una vecchia cucina adornata soltanto da mattonelle anni ’70 color ocra e da alcune tubature a vista nei pressi del lavandino in marmo, crepato, scheggiato e sporco.
Il professore la imbavagliò stretta stretta, sulla bocca, fino al naso. Ellen respirava a fatica, le parve di soffocare. Da quello straccio lercio e logoro penetrava pochissimo ossigeno inoltre sprigionava un forte odore di vecchio e di muffa.
Cominciò a piangere inorridita. Era cascata in una trappola. Come aveva potuto essere così stupida? Avrebbe dovuto avvisare la polizia e non recarsi, sola, in quel luogo. Era stata una sprovveduta.
Eichmann era a conoscenza dei suoi sospetti e delle sue ricerche, era un pazzo e Ellen avrebbe dovuto sospettare di lui dopo tutte le vicende accadute negli ultimi giorni.
Le ossa le dolevano e lui, rabbioso, si chinò su di lei esclamando: “Bene bene, sei arrivata! Cerchi la tua amica? Quella baldracca assassina? Ora ti porto da lei. Non sai quanto ho desiderato questo momento!”
Eichmann, rabbioso come mai, la riprese per i capelli e proseguì trascinandola fino al salone dell’orrore.
Alla vista di tutto quel sangue sparso sul pavimento e dei due cadaveri a terra, Ellen si sentì mancare. Il cuoio cappelluto pareva staccarsi in brandelli, le bruciava come tutto il resto del corpo. Un odore acre e forte di putrefazione riusciva a penetrarle nelle narici nonostante il fetore della bendatura.
Provò così tanta paura da dover improvvisamente urinare. Si percepì calda e bagnata, mortificata, impotente.

Annette era irriconoscibile, sebbene pareva essere ancora in discreta salute fisica, un’espressione assente e così estranea si era impadronita di lei. A parte una manetta al polso non aveva altre costrizioni, non era bendata, eppure non emetteva nemmeno un urlo, non pronunciava nemmeno una parola. Mostrava solo rassegnazione mista a terrore.
Non fu nemmeno preoccupata o meravigliata di trovarsi di fronte la sua collega, la sua “quasi amica” o comunque una sicura confidente.
Ellen in preda al panico emise invece dei vagiti, delle lamentele soffocate che risuonarono da sotto quello straccio come suoni provenienti da sottoterra.
Eichmann riprese brioso rompendo il silenzio:” E voi credevate di farmi fesso? Vi sarebbe piaciuto eh! Rovinare la mia carriera, anni di studio e di duro lavoro … E pensavate di riuscirci! Ma non sapete ancora con chi avete a che fare, chi avete deluso, chi avete disturbato. Ora vi metterò a tacere per sempre!” Si avvicinò ancora di più ad Ellen e afferrandola per i vestiti, sul petto, la obbligò a sollevare il busto mettendola a sedere. Lei barcollando, tentò di restare in quella posizione che mai come in quel momento le sembrò del tutto innaturale.
Eichmann notò gli abiti della donna imbevuti di urina sul bacino e sulle gambe e ridendo affermò: “Te la stai già facendo sotto eh? Eppure con te non ho ancora cominciato! La tua amica, la tua amica è un’assassina. Ha ucciso due persone e ora, vorrà uccidere anche te. Non è vero?” Domandò voltandosi verso Annette che non diede alcun segnale, si limitò a restare immobile, la bocca socchiusa e gli occhi ancora nel vuoto.
Il pazzo, con un balzo le fu davanti, la afferrò per le braccia e mentre la scuoteva adirato come per farla rinsavire esclamò:” Parla, dimmi cosa ne pensi! Ti va di uccidere la tua amica? Altra vita Annette, altra vita!”
Stavolta Annette, di istinto voltò il viso verso il muro e abbassò lo sguardo. Finalmente la sua espressione mutò e, con un ultimo fiato in gola sibilò esausta:” Non posso farlo!”.
“Non lo puoi fare? No? Allora morirai! Ora!”
Il professore si accanì su di lei sferzandole una coltellata veloce e profonda alla spalla sinistra. Annette crollò a terra urlando per il dolore che provava.
Bruciava come un fuoco, le sembrò che il suo braccio si fosse staccato. La vista le si annebbiò e cominciò a sudare freddo.
“Hai ragione tesoro, non vale la pena di vivere, tanto avresti solo prolungato la tua agonia. Ma prima voglio osservarti nuda. Sei una bella donna, e voglio serbare un magnifico ricordo di te”.
“Alzati cagna e spogliala!” Intimò ad Ellen.
Ellen restò impietrita.
“Muoviti!” Le sbraitò addosso Eichmann puntandole quel terribile coltello alla gola.
Con uno sforzo incredibile, aiutandosi con i gomiti, Ellen tentò di rizzarsi in piedi mentre Eichmann la seguiva con la lama senza allontanarla dal suo collo.
“Sbrigati!”Gridò.
Zoppicando e piangendo straziata e con un flebile respiro sincopato, Ellen si avvicinò ad Annette. Da sotto il bendaggio sfuggì uno “Scusa” perso in un sibilo che parve risuonare mille volte in quella stanza.
La spalla di Annette continuava a sanguinare e aveva impregnato la camicetta scozzese che indossava. Cercò di slacciarne i bottoni con delicatezza, lentamente; in parte per il dolore che evidentemente la donna accusava fortissimo e in parte per guadagnare del  tempo. Dentro di sé era convinta che la polizia avesse ormai esaminato quel parcheggio e che, presto, sarebbe arrivata per salvarle. Doveva solo riuscire a temporeggiare il più possibile. Questo fu l’unico piano che le si insinuò nella mente in quegli istanti di puro panico.
Eichmann osservava compiaciuto la scena inclinando la testa, lisciandosi la poca barba incolta con una mano mentre con l’altra giocherellava con la lama del coltello fingendo di passarla sui pantaloni, proprio sulle parti intime ma ovviamente attento a non macchiarsi gli indumenti. Era decisamente ipnotizzato, lo sguardo fisso sul seno di Annette che cominciava ad intravedersi avvolto da un reggiseno di pizzo bianco macchiato di sangue nella parte sinistra.
“ Siete bella dottoressa!” Esclamò il mostro con un mezzo sorriso e uno strano luccichio negli occhi. Era evidentemente eccitato.
Mosse due passi verso le donne e fu presto molto vicino. Vicinissimo.

SCENARIO 10.

La polizia federale arrivò veloce a quel parcheggio. Sebbene la pioggia avesse cancellato quasi ogni traccia, si riuscì comunque a prelevare alcuni campioni che vennero infilati in sterili sacchettini trasparenti, etichettati, che per sicurezza, furono esaminati uno ad uno in controluce e poi inseriti in una scatola di metallo rossa.
Da dietro le transenne poste attorno a casa di Annette una folla di curiosi si accalcò ad osservare.
L’ispettore Lancaster era da sempre di poche parole. Esaminò la scena camminando avanti e indietro aspirando la sua pipa ed emettendo a ritmo sincopato anelli di fumo che si innalzavano quasi trasparenti verso il cielo in parte ancora grigio ma che andava a rasserenarsi tanto che, un sottile e curvo arcobaleno, era comparso all’orizzonte già tinto di un tenue rosa. L’aria era umida e Lancaster giocherellava con la busta di tabacco che aveva estratto dalla tasca. Questo era, senza ombra di dubbio, un segnale positivo, molto positivo, per chi  collaborava con lui da diverso tempo.

Autore: Nadia Fagiolo

Adoro leggere, scrivere, vendere i libri. Sono libraia da sempre. Prendo spunto da personaggi o fatti del quotidiano e sento l'esigenza di amplificarli e tradurli in racconti o poesie. Mi diverte, è uno sfogo e una passione.

64 pensieri riguardo “CAOS (parte 8)”

  1. Primo tocco di classe: suscitare nel lettore rabbia per l’ingenuità di un protagonista o di una protagonista: e tu, Lady Nadia, ci sei riuscita benissimo con Ellen.
    Secondo tocco di classe: la scrittura, fluida, appassionante, scorrevole.
    Tre: alcune frasi sono veramente magnifiche, come lampi di poesia, in un magico contrasto con l’atmosfera di orrore e terrore, sapientemente da te creata.
    Quattro: mi fai veramente paura!
    Bravissima 🙂

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    1. E ora davvero sto preparando il finale. Qui sarà importante la cura del particolare.
      Spero di tenere un buon ritmo.
      Grazie per i tuoi apprezzamenti che mi infondono coraggio per continuare questa avventura.
      Ciaoooo!

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          1. Dopo Pasqua mia sorella!
            Qua si batte la fiacca.
            Qua s’illudono le persone con puntate incredibili e finali mai!
            Mi spiegate adesso?
            E’ poco più di un giorno che non me la prendo con qualcuno.
            Neanche una lite.
            Nemmeno una tiratina d’orecchi!
            Chessò: uno schiaffetto, un buffetto, neanche un moisero calcio sugli stinchi.
            Che pena: ci stiamo annoiando a morte!
            Volete scrivere quest’accidenti di finale?
            Volete scrivere in forma di strafalcione acchè noi possiamo infuriarci in una filippica, enorme e senza fine?
            Non ci pacciono le cosine facili, ne questi periodi di pace bonaria.
            ma come?
            Nessuna lite, neanche una litarella così di straforo.
            Non una parola mal compresa, né un piccolo, piccolissimo, moto di rabbia.
            Ma stiamo scherzando?
            Voi state giocando, pericolosissimamente, con la nostra pazienza!
            Non ci costringete ad eliminate i nostri, proverbiali, refusi!

            Voi state provocando una guerra totale … enon immaginate, neppure lontanamente, cosa potremmo fare … per cui, basta scrivere le astine e scrifete questa puntata!
            Vi garantimmo che non ve la faremo passare liscia!

            Bah!

            😦

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            1. Milord, mi fate morire dalle risate. Come faccio ora ad entrare in climax per scrivere l’ultima, sofferta, terribile puntata?
              Ah, colgo il suo spunto volentieri! Allora avevo capito bene almeno una cosa. Vero che una SOLA volta non Vi ho letto, ma le altre si. Vero che i miei commenti erano all’acqua di rose … ma avevo giusto un lieve sentore che Lei cercasse burberamente di punzecchiare qua e là per suo personale compiacimento.
              Beh, ora, quando smetto di ridere, provo a fare la correzione Milord.
              Ma… adoro tenerla sulle spine, ne traspare il suo lato oscuro, forse domani, forse stanotte, forse oggi, ma più probabile domani.
              La immagino in attesa!😊😆😆
              ( comunque la ringrazio tanto)
              E poi non avremmo certo voluto che Alessandra trascorresse le feste Pasquali di nuovo arrampicata al cornicione del suo palazzo!
              Cari amici a presto!😊

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              1. Uhmmmm … se preferite potremmo appenderla per il collo!
                Corda saponata? (Dovrebbe stagionare bene)
                Gancio da macellaio? (No, troppo Boutique della carne).
                Boh, fate voi!

                Animo, dunque: scrivere!
                E’ da ieri che stiamo raccogliendo un numero considerevole di invettive, ricerca errori, matite rosse e blu … ecc. ecc.

                😉

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  2. Prosegue Caos con ritmo incalzante e pieno di truculenza sanguiinaria del dottor Eichmann – quel nome mi ricorda qualcosa 😀 .
    Direi che potrebbe suscitare incubi notturni.
    Vediamo se l’ispettore lancaster sarà lungimirante.

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  3. Brividi, suspense, colpi di scena. Capitolo breve e fulminante che si svolge ad un ritmo serrato e spietato; sparato a tempo come un fucile a ripetizione.
    Pallottole che si imprimono nella coscienza del lettore e ne scavano il profondo, risucchiandolo in una realtà così riconoscibile ma allo stesso tempo così violenta.
    Sono gli angoli oscuri della nostra vita, ma anche e soprattutto il riflesso di quei meandri bui della coscienza, di quel ID indelebile e imperscrutabile che inevitabilmente riaffiora nella memoria e nella vita dei nostri protagonisti.

    Elementi questi che accostano il Vostro racconto breve, mia signora, al genere propriamente noir, seppure ribaltandone i caratteri strutturali e gli stilemi più riconoscibili.
    Annette ed Ellen diventano quasi eroine.
    Allo stesso tempo, la vostra scrittura lady Nadia, nasconde un segreto inconfessabile forse ancora più cupo, ovvero una perversione che si riallaccia ai traumi infantili e ai comportamenti burrascosi.
    Una perversione che travalica la sfera sessuale e diventa processo catartico, espiazione di crimini, ma con i quali dovranno fare i conti, i vostri protagonisti, con gli intricati filoni del racconto fin quì giunto.
    Tutto precipita, in una corsa contro il tempo che rimette in discussione ogni certezza ed ogni ideale.
    Ma allo stesso tempo, nella fluida e coinvolgente prosa di lady Nadia, la complessa e ambigua personalità di Eichmann diventa anche pretesto di riflessione sull’attuale condizione del racconto stesso, sul suo processo di evoluzione nelle fasi finali, ormai (a meno che non facciate intervenire qualche colpo di scena). Ed ecco che Ellen, Annette e Eichmann sono inevitabilmente personaggi ricchi di sfumature ed estremamente accattivanti, incastrati in un’esistenza liminare, tormentati da forre, crepacci e dubbi.
    Il finale diverrà una ricerca dei motivi del racconto stesso, o meglio, del proprio diritto d’esistenza dei personaggi da voi creati?
    Sia nel bianco, sia sul nero più profondo?
    Nient’altro che il riflesso più esteso della condizione sado/paranoica.
    Un vero e proprio corto circuito tra punitore e punito, in pieno stile noir, sempre in una originale e sensibile rilettura in chiave moderna.
    Da leggere d’un fiato.
    Originale, intrigante, sorprendente.
    Vi terrà, rivolto ovviamente ai vostri lettori, col fiato sospeso fino all’ultimo rigo.

    Il nostro apprezzamento, oltre la linea di alba e tramonto, è massimo.
    Due o tre piccolissime pecche sia di forma, sia di sostanza, oscurano con la velocità di una nube passeggera, la totale e splendida perfezione.
    Minima immoralia.
    Ci teneste incollati a leggere.
    Vi augurammo una splendida serata per un giusto riposo e una proficua meditazione per il prosieguo della storia.

    Abbiate le nostre, più profonde cordialità

    The milorder

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    1. Caro Milord, la ringrazio per il suo sostegno. Il finale sarà lungo. (ohimè ma sono obbligata e non mi va di dividerlo in due parti proprio perchè è l’epilogo. Questo capitolo, molto incebtrato sull’azione di Eichmann è stata una tappa obbligata, che verrà anche tipresa nell’ultimo pezzo.
      Mi scusi se non commento oltre ma oggi, dopo aver appreso l’accaduto a Bruxelles, ogni cosa mi pare banale, persino il mio blog.
      A presto. Spero che ne parli nel suo. Io credo di costruirci presto un racconto. Non se ne può più di questi pazzi.
      buona giornata.

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      1. Vi ringraziammo per l’esaurientissima spiegazione e consideratone lo spessore, non potrebbe essere che così, ovvero: un finale articolato, raffinato per una storia che si è svolta molto bene.
        Avete ragione sul sentimento odierno.
        Ne parlammo, purtroppo (Non ci piacciono certi temi).
        Le storie, infinite, sarebbero veramente tante da raccontare nel merito e di merito.
        Quel senso di tristezza e impotenza, però, è molto forte.
        Al momento nulla va come dovrebbe andare.
        Vi ringraziammo cordialmente

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  4. Un capitolo davvero ottimo, per stile ed efficacia narrativa.Descrizioni accurate (e macabre, ma fedeli al genere proposto), introspezioni valide dei personaggi, specie di Annette, e l’ingresso volutamente lento dell’ispettore, che noi lettori vorremmo veder volare verso l’appartamento degli orrori, ma lui giochicchia con la scatolina del tabacco!
    Bravissima!

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  5. Cara Lady Nadia, non ho familiarità con il genere horror. Nonostante la novità del genere trovo il tuo scrivere fluido ed intrigante e credo che richieda molta abilità nel condurre il lettore lungo la trama e la provocazione di sensazioni forti. Mi piace il tuo modo di scrivere. E’ come una musica che gradevolmente ti intrattiene. Mi ricorda un libro che ho letto ultimamente: ‘La chiave Gaudì di Esteban Martín, Andreu Carranza. Per quello che mi riguarda, come novizio dello scrivere, mi è più congeniale la forma dialogata quasi una versione teatrale per il racconto che scrivo.
    Auguri e tanta inspirazione per le tue nuove storie. Rosando

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    1. Rosando, benvenuto!
      Solitamente scrivo altro genere, ma ogni tanto non mi nego qualche noir che altrettanto apprezzo.
      Ti ringrazio per il bellissimo complimento. Adoro la musica, suono il piano sai? Ed il fatto che qualcuno possa paragonare uno scritto ad una melodia…beh, mi lusinga a dismisura.
      Grazie mille!😊

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      1. Grazie del benvenuto Lady Nadia, mi incanta il pianoforte e le mani che si muovono sopra i tasti bianchi e neri. Le dita sembra che danzino con passo deciso e pure delicato, a volte rapido. Ho scritto un poema che parla del mio lavoro con riferimento alla musica, ed al rapporto che ho con il paziente. ‘En mi trabajo’ E’ scritto in spagnolo che è una lingua che sento più musicale. A presto Rosando

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  6. Dico solo, per quel che vale, che ho cominciato a leggere questo racconto e non sono riuscito a fermarmi (anche se avrei dovuto andare a dormire presto)… Avrei voluto commentare il giorno dopo, ma è successo quel che è successo a Bruxelles, e allora ho preferito il silenzio. Adesso però te lo dico, che prende e sorprende, e che sto aspettando il finale, e che sia pure lungo quanto è necessario!
    Saluti e ogni bene 🙂

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  7. pensi che come horror possa andare?
    Cos’è un infundibulo cronosinclastico?

    È un luogo dello spazio dove le diverse facce della verità si incontrano e convivono, dove le nozioni di tempo e spazio non hanno più senso
    Il ronzio della suoneria è insistente, guardo il display e vedo il tuo numero. Cazzo, potrei denunciarti per stalking ,dopo che ci siamo lasciati mi avrai mandato un mare di sms farneticanti, forse è venuto il momento di metterci sopra una pietra , anzi una lapide.

    “pronto”

    “Eccoti, va bene che ci siamo lasciati ma… telefonare qualche volta? Sai anche Cinzia era preoccupata…sei sempre più stronzo…”

    La calma piatta ha un tremito, la scatola cranica rimbomba come dopo aver sentito una fucilata. L’insulto gratuito viaggia con forza sconosciuta e rimbalza come una pietra piatta sul lago di parole dove le onde concentriche si propagano senza soluzione di continuità. Queste onde creano un effetto domino , sgretolano le frasi , corrodono le parole , sviluppano una effervescenza dove si sciolgono le sillabe , i dittonghi si contrappongono ai trittonghi in lotte efferate trasformandosi in bolle che esalano iati. Singole lettere vagano cerando di non calare a fondo. La mente cerca di ricomporre le frasi perdute in uno sforzo inutile, le lettere sciolte in un liquido amniotico cadono in un infundibulo cronosinclastico. In questo luogo le diverse facce della verità si incontrano e convivono e le nozioni di tempo e di spazio non hanno più senso. I polmoni sono in attesa di ordini dalla mente , ordini che tardano . La mente è quasi persa , annaspa , sussulta, cerca sprazzi di lucidità. Gli alveoli sono contratti in attesa di emettere il fiato che faccia vibrare le corde vocali e esse possano emettere suoni intelligibili. Uno spasmo emette un leggero refolo di aria esausta, una leggera vibrazione si mette in moto. Lettere scomposte risalgono con fatica il corridoio della gola , sillabe inconsulte inciampano in grumi di nicotina , le consonanti scivolano su pozzanghere di catrame artigliate a consonanti sbilenche. Parole dal senso incompiuto strisciano sulla glottide indifferente all’evento.
    Iati inopportuni si elevano in contrapposizione a formazioni di consonanti gutturali, perdono forza come in un rantolo aspettando che il fiato dia loro forza, incespicano e si sgretolano, parole dalle forme nuove precipitano nel condotto annegando nei succhi gastrici senza un gemito. Il sistema indipendente del Gransimpatico reagisce in automatico , manda segnali a stimolare i nervi . Le pupille si induriscono, i polmoni si rilasciano , il fiato ripercorre condotti usuali. Le lettere si aggregano scollandosi dal vischio della saliva, si uniscono come in un gomitolo pronto a srotolarsi. Le corde vocali vengono attivate . La scala dei toni viene spianata ,resta solo un mono tono che risale quasi rombando si trattiene un attimo nella gola strozzata , incrina l’infundibulo e prorompe come una esplosione perdendo gli spazi. I sistemi di articolazione degli organi si apprestano ad emettere suoni ma le consonanti si mischiano ,le gutturali prevalgono sulle palatali lasciando spazio alle labiali che si scontrano con le dentali, le nasali si arrendono e inizia la fusione. Le parole magicamente prendono senso compiuto e come una liberazione escono di botto:

    ”mavaffanculovatuequellaltrazoccoladellamicatua”

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    1. Immagino che l’ultimo pezzetto faccia parte della telefonata, e allora ti ringrazio per il brano splendido. Certamente ognuno è libero di esprimersi o di scrivere quello che meglio crede.
      E tu sei senz’altro molto bravo a scrivere. 😊

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