TRISHA E IL TEMPORALE (parte 1).

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A parlarle, a volte, potevano essere anche le cose: uno spiffero che riusciva a spingersi fin sotto alla finestra, uno scricchiolio di un mobile nella sua stanza da letto, il fondo di una tazzina del caffè o il vibrare della fiammella di una candela che si consumava lentamente sul tavolo.
Accadeva piuttosto spesso, quando la sua casa posta al limite del grande bosco restava esposta ad un temporale che, negli scherzi di luce provocati dai lampi e nel fragore dei tuoni e tramite le misteriose e potenti energie della natura, Trisha materializzasse delle visioni chiare. Talvolta potevano essere persino dei visi o flash di immagini del tutto realistiche che le apparivano perfette, per qualche istante, come delle diapositive irradiate da un proiettore.
Più raramente le poteva anche capitare di cadere in uno stato di trance che trasportandola in un’altra dimensione parallela, le permetteva di vivere brevi avventure o incubi in maniera così nitida da riuscire a coinvolgerla completamente impedendole di distinguere l’onirico dalla realtà.

Trisha afferrò la maniglia fredda della porta-finestra socchiudendola facendo forza contro il vento che soffiava senza tregua obbligando anche la grande betulla al centro del giardino a genuflettersi fino a baciare la terra.
Alcune foglie, in parte secche, che decretavano l’arrivo ormai imminente dell’autunno, scivolarono via lontano.
Tutt’intorno anche le altre piante con un fruscio continuo agitavano i loro rami arrese e sottomesse alla tormenta che stava sopraggiungendo rapidamente da nord ove era possibile osservare il cielo che, di un nero catrame, veniva continuamente squarciato da bagliori intermittenti e ravvicinati che apparivano come strappi in un drappo steso sopra una fulgida luce . I tuoni che susseguivano erano così immediati e potenti da smuovere le viscere.
La pioggia scendeva sempre più grossa, a dirotto. Le pozzanghere malamente illuminate dai lampioni intermittenti posti sulla via ciottolata ribollivano ingigantendosi sempre più fino a straripare per divenire un fiume che prepotente si faceva strada nel terriccio, trascinandolo dentro di sé e trasformandolo in fango e inghiottendo con ingordigia foglie, rametti e qualsiasi piccola cosa si trovasse lungo il suo passaggio.
Il giardino erboso appariva come una palude, il canto della tempesta era diventato assordante.
Si percepì leggera, quello scroscio ciclico le rimbombava nella testa. Percepì i suoi sensi attutirsi come se si stesse allontanando dalla fonte del rumore, in un altrove.

Camminava in un bosco ignoto, i suoi passi spezzavano secchi rametti, calpestavano scricchiolanti foglie umide e morbide erbe bagnate che disegnavano sulla punta delle sue scarpe un alone man mano più scuro. Aspirò insistentemente il profumo acre di terra e muffe.
Sollevò il cappuccio del giaccone mentre procedeva spedita verso un’ignara destinazione. Un richiamo, un forte magnetismo la attraeva in quella sconosciuta direzione. Era ormai inzuppata a causa della pioggia che la raggiungeva soltanto dopo essersi infranta sulle foglie di castani e di robinie che si dimenavano infastidite in direzione del forte vento, riversandola sopra la sua testa. Non ne era infastidita. Attonita rimaneva intenta ad osservare tra le fessure delle loro chiome ancora folte ma arrugginite a causa della stagione autunnale, quei fulmini che come spade, trafiggevano il cielo desiderando sopra ogni cosa avvicinarli. Eccitata e impavida anelava depredarli quanto più possibile della loro energia.
Giunse in un punto del bosco abbastanza aperto, ora la pioggia poteva percepirla con le sue grosse gocce direttamente sul viso. I lampi erano vicinissimi, saettavano accanto a lei, a pochi secondi uno dall’altro. Comprese di averne trovato il centro. Si sentì potente, invincibile.
Sette fulmini caddero contemporaneamente intorno a lei formando un cerchio di luce. I suoi occhi si voltarono all’indietro e perdendo coscienza ricadde prona e fu avvolta dal terriccio fangoso.
Si ridestò quasi completamente sprofondata nella terra percependo un ruvido ed insistente contatto tiepido sulle gote.
Aprì faticosamente gli occhi e, soltanto dopo aver messo bene a fuoco, si scoprì giacere sotto un notevole esemplare di lupo selvaggio. I suoi occhi tondi e glaciali la osservavano mentre la sua lingua grinzosa le ripuliva il viso dal terriccio.
Si sollevò faticosamente, cercando di sedersi. Realizzò l’accaduto, notò lo scintillio di alcune stelle nel cielo e le fronde degli alberi pressoché immobili. Quando fu del tutto conscia assecondò il desiderio di accarezzare il pelo del lupo. Era bagnato tuttavia morbido, caldo.
Quel contatto le causò un dolore intenso, per qualche secondo, alla nuca. Poi il male sparì del tutto ed improvvisamente, come era sopraggiunto, regalandole un’immagine nitida che la rassicurò.

Nel paese di residenza di Trisha, da alcuni giorni era avvenuta la scomparsa di una bambina di dieci anni, Eleonora.
Per ritrovarla si erano mobilitati davvero tutti: polizia, carabinieri, protezione civile, volontari… Si era già cercato ormai dovunque ma senza ottenere alcun risultato.
Le indagini svolte dalle forze dell’ordine, non solo non si erano nemmeno avvicinate ad una ipotetica soluzione ma non avevano nemmeno ricondotto a nessuna traccia.
Trisha, viceversa, ora era abbastanza certa su come poter affrontare quelle ricerche.

La bestia ululò, rapidamente roteò le zampe nella terra bagnata e con uno scatto sparì addentrandosi nella selva, lasciando sul suolo quattro solchi a testimonianza della sua presenza.
Trisha la osservò scomparire nella notte e, improvvisamente si ritrovò nel suo appartamento davanti alla porta-finestra con indosso il suo giaccone nero, completamente sporco di fango. La veranda era segnata da orme di terriccio, delle impronte palesemente provenienti dalle sue scarpe e alle quali ne erano accostate altre simili a quelle lasciate dalle zampe di un cane, o di un lupo.

Confusa si tolse le scarpe bagnate e ogni vestito lasciandoli a giacere ammucchiati in mezzo al salone, sul pavimento.
Percependosi incredibilmente forte e rigenerata si diresse così nuda, in bagno, sparendo dentro al box doccia, senza lasciarsi mancare nessuna attenzione nè tantomeno una qualche carezza dietro ai vetri opachi ormai ricoperti di calda condensa.

Autore: Nadia Fagiolo

Adoro leggere, scrivere, vendere i libri. Sono libraia da sempre. Prendo spunto da personaggi o fatti del quotidiano e sento l'esigenza di amplificarli e tradurli in racconti o poesie. Mi diverte, è uno sfogo e una passione.

35 pensieri riguardo “TRISHA E IL TEMPORALE (parte 1).”

  1. notte da strega e Trisha la impersona. Descrizioni accurate che fanno rivivere temnporale e passeggiata nel bosco. Ma c’era un lupo buono a proteggerla. Non manca il tocco di eros nel finale. Sembra che manchi qualcosa. Forse è in più puntate. 😀
    O.T. c’è una ‘ignara destinazione’ che mi risulta ‘ignota’

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      1. OK: ” le permetteva di vivere brevi avventure o incubi in maniera così nitida da riuscire a coinvolgendola” L’hai voluto tu eh 😛 Ma sono solo sciocchezzuole, quel che conta è la storia, che ti trascina dentro…
        Sempre ogni bene 😉

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