TRISHA E IL TEMPORALE (seconda e ultima parte).

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Come al solito, in quelle poche ore di sonno, Trisha sognò. Si trovava seduta in un prato e a gambe incrociate accanto ad un grosso falò insieme ad altre donne, tutte appoggiavano i palmi delle mani alle ginocchia e li tenevano rivolti al cielo.

Più in là, ai piedi dell’unico salice che dominava la distesa erbosa, due giovani ragazze dai capelli rossi raccolti in grosse trecce, a loro volta legate dietro la nuca, suonavano dei tamburelli. A causa del buio non era possibile scorgerne i volti tuttavia risultavano ben visibili le loro sagome snelle avvolte da una tunica nera e aderente, una veste semplice e lunga fino ai piedi. Si dondolavano sincronizzate mentre battevano sugli strumenti un ritmo altalenante tra il lento e il veloce.

Le fiamme ardevano alte all’incirca un metro e tra le sfumature purpuree era possibile scorgervi, come disegnate, delle ombre che ricordavano atti sessuali. Tutto il gruppo si trovava in uno stato di eccitazione profonda, delle smorfie di appagamento si dipingevano sui loro volti, qualcuna gemeva sommessamente.
Il fuoco si allungava, vibrava. Le fiamme talvolta sospinte dalla brezza si spingevano a sfiorare ora l’una ora l’altra donna donandogli brividi di calore e sussulti di piacere.
Da quel fuoco traevano tutte forza e godimento.

Trisha si risvegliò un poco sudata prima del suono della sveglia, si percepì molto riposata e pronta ad affrontare la giornata.
Dopo aver indossato una tuta da ginnastica scura si diresse in cucina per un caffè.
Schiuse le persiane e per qualche istante si soffermò ad osservare il cielo che all’orizzonte si illuminava in un’alba rosea.
L’erba del giardino era quasi interamente ricoperta di foglie variopinte cadute prematuramente a causa del temporale della notte precedente.
La grondaia sgocciolava ancora, gli uccelli si abbeveravano nelle pozzanghere sparse qua e là o beccavano nel fango in cerca di qualche probabile lombrico.
Serenamente accese il computer e senza pensare attaccò a scrivere:
“sua figlia è in ottima salute, non deve preoccuparsi per lei. E’ con suo padre, mi deve credere perché…”
Trisha smise improvvisamente di battere le lettere sulla tastiera mantenendo per qualche istante lo sguardo fisso a sinistra, vuoto.
“… perché sono una strega. Ho dei poteri extrasensoriali attraverso i quali posso captare i momenti presenti e futuri grazie alle energie della natura”.
Le sovvenne un mezzo sorriso.
Riguardò il monitor.
Premette ripetutamente il tasto “canc.”
“…Mi deve credere perché quel pomeriggio mi trovavo immediatamente dietro a loro, casualmente, all’uscita della scuola. Sua figlia trascinava una grossa cartella rosa, un trolley dal quale penzolava un pupazzetto di pelouche, penso un coniglietto bianco. Stava accingendosi a salire sull’autobus ma poco più in là, a due passi, la attendeva suo padre. Un uomo molto alto con capelli e barba brizzolati. Ricordo che indossava un giubbetto di jeans sbiadito.
L’ha chiamata sorridendole. Eleonora si è voltata subito. Era felice di vederlo.
“Partiremo per una vacanza, mamma mi ha autorizzato a portarti con me, non ti ha detto nulla perché l’ho pregata di permettermi questa sorpresa. non ti devi preoccupare tesoro, in auto ho già la tua valigia pronta. Trascorreremo qualche settimana insieme, ho affittato una baita in montagna. Vieni dai! Ci divertiremo.”
Si sono scambiati precisamente queste parole, lo assicuro! La prego di fidarsi di me.
Sono anch’io una mamma e desidero rimanere anonima, non sopporterei di dovermi confrontare con i carabinieri o la polizia. Le sarei grata se non indagassero in merito. Stia tranquilla e creda a questa lettera e comunichi subito alle forze dell’ordine di cercare la bambina da qualche parte sui monti svizzeri, presumo nel Canton Ticino, mi sembra di aver udito anche questo mentre si richiudeva l’abitacolo della vettura che, a giudicare dall’adesivo sui vetri era senz’altro presa a noleggio.
Sono certa che il suo ex marito non serbi cattive intenzioni. Leggendo i fatti sul giornale e avendolo potuto osservare di persona mi sono fatta una mia idea. Per quanto possa essere un fallito, un poco di buono e un alcolizzato come anche lei ha confessato in quell’intervista… bè, credo che voglia molto bene a sua figlia. Posso contare su un forte sesto senso che fino ad ora non mi ha mai tradita.
Le porgo i miei migliori auguri di ritrovarla presto.
Con affettto un’amica”.

Trisha rilesse quanto scritto di getto. Lanciò la stampa. Estrasse il foglio ripiegandolo in tre per la lunghezza e poi ancora a metà, riducendolo infine ad un quadrato di carta.
Indossò un giaccone di pile infilando la lettera in tasca.
Aprì un armadio scorrevole estraendone una parrucca bionda che giaceva con delle altre e qualche vario travestimento sopra un ripiano, se la appoggiò bene sulla testa osservandosi allo specchio e allontanando dal viso qualche finto capello sintetico che le solleticava il naso. Calzò le scarpe ancora infangate che si trovavano in mezzo al salone rimaste accanto ad un mucchio di vestiti ricoperti di terriccio.
Uscì di casa fischiettando avviandosi lungo la strada ciottolata e ricoperta di fogliame stando bene attenta a non finire con i piedi in qualche pozzanghera. Pensò che ben presto la via si sarebbe asciugata grazie a quel sole che stava sorgendo per nulla timido dietro alla collina irradiando di nuovo ogni cosa con raggi biechi e dorati e, nel contempo, donando tepore all’aria frizzante e ancora umida.
Svoltò a destra un paio di volte, incontrò un uomo che faceva Jogging e un cane randagio dal pelo arruffato e sporco che si fermò nei pressi di un albero a fare pipì.
Era decisamente presto, nemmeno le sette. Il paese risultava ancora silente e assopito.
Trisha estrasse dall’altra tasca i suoi occhiali da sole indossandoli.
Presto si trovò in una via periferica sulla quale si affacciavano alcune villette ed una piccola palazzina a tre piani bordeaux. La casa della donna doveva essere senz’altro quella, l’aveva riconosciuta dalle riprese dell’emittente locale andate in onda durante il tg della sera prima. Si osservò bene intorno assicurandosi dell’assenza di giornalisti o di curiosi che non sarebbero viceversa certamente mancati più tardi. Non notò nemmeno l’ombra dei carabinieri , probabilmente dormivano ancora oppure, nella migliore delle ipotesi, li avrebbe potuti trovare al calduccio, nel bar del centro, intenti a consumare un’abbondante colazione assai ricca di carboidrati.
Si avvicinò all’edificio a passi lenti, furtiva.
Appena dietro alla trama delle smunte inferriate di cinta era presente un’unica cassetta portalettere dove probabilmente il postino imbucava la posta a tutte le famiglie residenti nella palazzina.
Con un movimento veloce vi lasciò scivolare il suo foglietto ripiegato che sparì con un sibilo in quella fessura stretta impregnandosi di alcune gocce d’acqua piovana, luccicanti sotto al sole, che altrimenti sarebbero state libere di cadere al suolo, nel vuoto, con un flebile “click” che nessuno avrebbe udito.

Trisha tornò soddisfatta sui suoi passi, ancora più convinta della stupidità del genere maschile.
Era certa che, pur in tempi più lunghi ma anche senza il suo intervento, quel poco di buono l’avrebbero ugualmente rintracciato ed arrestato. Come avrebbe potuto crescere quella bambina da solo? Senza lavoro? Senza denaro? In cima ad una montagna? Con quale diritto si appropriava della figlia facendo preoccupare a morte la sua ex moglie? Era così certo di farla franca?
“I tempi di Heidi sono finiti da un pezzo!” Pensò.

Fu felice di essere libera, libera come il vento, almeno per quanto riguardava la sua vita sentimentale.
Entro un’ora avrebbe dovuto però presentarsi sul posto di lavoro. Giusto il tempo di rinfrescarsi e cambiarsi d’abito.
Si augurò che quella giornata potesse proseguire tranquilla e priva di scocciature.
Sorrise di nuovo pensando a quanto, dal suo punto di vista, fosse da ritenere probabile un evento paranormale e a quanto invece potesse essere del tutto impossibile trascorrere più di un’ora di lavoro in sufficiente decenza.

La porta di ingresso del suo appartamento si richiuse davanti a lei mentre agitate famigliole cominciarono a popolare il vicinato.
I notiziari da lì a poco avrebbero comunicato che le indagini relative alla scomparsa della piccola bambina erano giunte ad un’importante svolta.

Autore: Nadia Fagiolo

Adoro leggere, scrivere, vendere i libri. Sono libraia da sempre. Prendo spunto da personaggi o fatti del quotidiano e sento l'esigenza di amplificarli e tradurli in racconti o poesie. Mi diverte, è uno sfogo e una passione.

37 pensieri riguardo “TRISHA E IL TEMPORALE (seconda e ultima parte).”

  1. C’è una frase che non capisco: ” E’ in con il padre, mi deve credere”. Cosa vuol dire “E’ in”?
    A parte questo, come ottimamente scrive il poeta Franz, è bella l’alternanza fra sogno e realtà. Lo stile di scrittura risulta come sempre perfetto, e la protagonista piace assai.
    Ciao, cara menestrella 🙂

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  2. Tolkien dice che le fiabe non sono una fuga dalla realtà, ma una fuga nella realtà, sono un
    riacquistare le dimensioni più autentiche della percezione del mondo, del cosmo, della nostra
    posizione sulla terra. Per questo motivo le sue opere non sono e non avevano il problema di
    essere attuali, ma di essere perenni
    ”le fiabe non si occupano di lampadine elettriche, si occupano di fulmini, che c’erano ieri, ci sono oggi, ci saranno domani.”
    Tutto ciò ravviso nella splendida storia da te scritta.

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      1. Parafrasando Vasco devo dirti che le storie sono come i fiori, nascono da sole, già con le parole …. Questo nel bene e nel male, quando arrivano e quando, come adesso per me, non arrivano. Ahimè. Grazie dei tuoi solleciti che sono veramente graditi 🙂

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  3. forse sono un po’ rintronato ma sì decisamente rintronato. Questa è la seconda parte ma ho faticato a collegarla alla prima. E va bene niente sottigliezze. Questa seconda parte è decisamente buona tra sogni e altro Trisha ha compiuto un opera buona. La buona strega.
    Mi è piaciuto veramente. A quando la prossima avventura?

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  4. Ben scritte entrambe le parti. L’atmosfera cambia completamente dalla prima alla seconda, cosa che non rendeva facile annodare i fili tra l’una e l’altra, ma credo che tu ci sia riuscita bene, permettendo al lettore di leggere in fondo due storie in una senza strappi. Complimenti :).

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