RE AHIA E SUA MAESTÀ SCUSA.

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RE AHIA E SUA MAESTA’ SCUSA.

Nel regno di Gentilezza tutti erano in subbuglio. Si bisticciava per qualsiasi cosa giungendo spesso alle mani.
Non si contavano più né le liti, né i feriti, che si scovavano ovunque: nelle campagne, nelle abitazioni, e anche dietro un angolo di strada. Quasi tutti gli abitanti di Gentilezza esibivano il naso rotto, un occhio nero, oppure, alla meno peggio, camminavano zoppicando. Inoltre non si sapeva più dove seppellire tutti i morti, magari trovati con la testa fracasata a metà da una rastrellata o da un colpo di piccone. Ogni più piccola incomprensione era in grado di scatenare una vera e propria rissa.
Eppure, solo qualche anno prima, quando la regina Scusa era ancora in vita, tutti vivevano in armonia. L’unione tra Re Ahia e Sua Maestà Scusa aveva allietato tutti.
Purtroppo, in seguito alla morte della consorte, il Re cadde in una pesante depressione. Non riusciva più a riprendersi perché la parola “scusa” si udiva ovunque ed era sulla bocca di tutti. Per questo motivo Re Ahia evocava in continuazione sua moglie, e l’amore infinito che aveva provato per lei. Trascorreva giornate intere rinchiuso nelle sue stanze, senza il desiderio di mangiare e di bere, nella solitudine più assoluta. I guaritori di corte, disperati a causa della salute precaria del Re, per favorire la ripresa, credevano che fosse necessario abolire l’ uso di quella parola per sempre, in tutto il regno.
Re Ahia accettò di buon grado il consiglio dei guaritori e affidò di persona quel compito a un suo messaggero. Questo, balzando rapido in sella a un cavallo tutto nero, galoppò per il villaggio: collina dopo collina, strada dopo strada, vicolo dopo vicolo, fattoria dopo fattoria, urlando a squarciagola: “Udite, udite popolo! Questo è il volere del nostro Re Ahia: d’ora in poi, nessuno osi pronunciare il nome di Sua Maestà la Regina, mai più, per nessun motivo. E coloro che si opporranno al volere del Re, verranno puniti con la morte.”
Il messaggero, senza rendersene conto, combinò proprio un bel pasticcio.
Quella parola era così necessaria, che, presto, tra il popolo si scatenò un gran caos; l’odio dilagò. Il paese di Gentilezza diventò pressoché irriconoscibile.
Fu allora che venne radunato con una certa urgenza il Consiglio Dei Grandi Saggi. Occorreva chiedere al più presto un’udienza al Re nel tentativo di rimediare al terribile malinteso.
Il Re accettò di ricevere il Saggio dei più Saggi, che dovette inginocchiarsi al suo cospetto, bene attento a mantenere la testa china e evitando di guardarlo dritto negli occhi.
“Sire, perdoni il mio ardire, non avrei disturbato la Sua quiete se ciò non fosse stato necessario per gli interesse del regno. Sono qui, al Vostro cospetto, per riferirle che l’ordine affidato al Messaggero è giunto al popolo, tuttavia è stato frainteso. È successo un guaio! Nessuno, da giorni ormai, osa chiedere più scusa e il rancore dilaga ovunque nelle nostre terre.”
Ma il Saggio non riuscì a proseguire, poiché il Re, infuriato per aver udito di nuovo il nome della sua amatissima moglie, sguainò la spada e trafisse in un attimo il cuore di quel pover’uomo.
Intanto, nel regno divagava il male, sempre di più, giorno dopo giorno. La rabbia del popolo si era già spinta lontano, ai confini del paese e persino oltre. La sicurezza del regno vacillava. A qualcuno giunse persino voce che i regni vicini avevano schierato un esercito per attaccare e conquistare i territori di Gentilezza. Era ormai risaputo ovunque che la discordia aveva indebolito quel regno, e, inoltre, si temeva potesse mettere a repentaglio anche la sicurezza dei paesi confinanti.
Nel frattempo, il popolo di Gentilezza, mosso dall’ira e senza un motivo, decise di insorgere per assaltare il Palazzo del Re. Ma un altro grande esercito proveniente da Nord avanzava alla sua conquista.
Per Gentilezza e per il suo Re fu la fine.
Chi scampò a quelle battaglie doveva piegarsi al volere del nuovo Sovrano che ristabilì presto le buone maniere.
Re Ahia e la sua adorata moglie furono dimenticati alla svelta da tutti, mentre, per fortuna, la bella abitudine di domandare scusa, quella, no.

Ops, scusate, ora vado.😊

Autore: Nadia Fagiolo

Adoro leggere, scrivere, vendere i libri. Sono libraia da sempre. Prendo spunto da personaggi o fatti del quotidiano e sento l'esigenza di amplificarli e tradurli in racconti o poesie. Mi diverte, è uno sfogo e una passione.

38 pensieri riguardo “RE AHIA E SUA MAESTÀ SCUSA.”

  1. Che bella lettura stamattina 🙂 Mi piace moltissimo questa favola, molto ben raccontata, bello il significato, scritta per parlare al cuore di bambini ma sopratutto ai grandi. Sei tornata con una grande energia rinnovata Lady N. dopo la pausa estiva, questo pezzo mi è piaciuto davvero molto. 🙂

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  2. Hai scritto un racconto bellissimo con una grande verità! Chiedere scusa non è cosa da poco, ma per poterlo fare occorre avere una coscienza e non tutti ce l’hanno. Poi ci sono le scuse rinfacciate, ma questa è tutta un’altra storia 😘

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                1. Bah, o è una trovata di WordPress, o si tratta di uno spam. Grazie, riferisco a un mio amico che è bravissimo con queste diavolerie. 😊😊😊 Questa è nuova anche per me. Scusa se mi sono approfittata di te. Pronta a ricambiare un favore. Ciao, grazie.

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  3. …e alla fine non ci furono più scuse😅 No, guarda, dovevo scriverla. In ogni caso c’è una seconda morale per questa storia, secondo me, ed è quella che bisogna leggere e studiare tanto: un popolo più istruito avrebbe aggirato il divieto del re chiedendo “venia”… A parte le battute, è una bella favola.

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