LA SCAPPATELLA (IL CONDOMINIO).

Lo specchio gli restituisce un’immagine accettabile e ordinata. Sorride, fa l’occhiolino. Rimira da svariate angolazioni il volto sbarbato e abbronzato. Si ravviva i capelli, poi prende in rassegna quelli bianchi. Sono sette. Ne conta uno in più: sulle labbra gli fiorisce un sorriso sghembo, che subito si trasforma in una smorfia.

Mentre l’ascensore prosegue la sua corsa verso i piani superiori, Spinotti si impegna a scacciare dalla mente e dal cuore un pesante senso di colpa. L’amore che un tempo provava per sua moglie è svanito ormai da un pezzo, e non è il più nobile dei sentimenti a spingerlo nel letto della Brighella. Si tratta di un bisogno, è una specie di istinto, una dipendenza che non sente di imputarle, sebbene solo un cieco potrebbe restare indifferente al cospetto di una donna tanto affascinante. Dunque, meglio approfittare di una buona occasione, finché riesce ancora a farlo. Quando l’ascensore si arresta e le porte d’acciaio si schiudono sul pianerottolo, l’uomo dà un’energica scrollata alla patta. Di solito all’attico regna sovrano un silenzio surreale, quasi innaturale. Ma stavolta Spinotti vien travolto da un rapido susseguirsi di urla e di imprecazioni piuttosto indecenti, che, senza alcun dubbio, si diffondono dal lussuoso appartamento dei coniugi Ardito.

“Te l’ho già detto e te lo ripeto: la colpa è di Mezzalira. Quello è un povero ignorante, è un caprone zoppo, ed è pure cornuto.”

“E tu sei un cretino! Ancora non riesco a spiegarmi come hai potuto scassare in quel modo la portiera dell’auto nuova.”

A casa Ardito è in corso un gran brutto litigio. Spinotti è allibito e stenta a credere alle sue orecchie. Mai gli era capitato di sentir gridare l’impeccabile e distinto signor Ardito in quella maniera, resta dunque in ascolto per qualche secondo prima di verificare che il portaombrelli della Brighella sia stato capovolto per indicargli il via libera. Infine, con un agile balzetto afferra la fredda maniglia di ottone, attento a richiudersi bene la pesante porta blindata alle spalle.

La donna lo attende in fondo al corridoio. “Mi sei mancato”, mugugna, mentre allenta il sottile laccetto della sua vestaglia di pizzo. Spinotti contempla le curve armoniose del suo corpo perfetto, che sembrano costrette a dover restare dentro i capi intimi stretti e succinti, quasi invisibili, che indossa, e dei quali potrebbe benissimo fare a meno.

“Il tuo messaggio mi ha resa felice: ti aspetto da due settimane!”

“È andata dal parrucchiere e si è tolta dalle scatole, finalmente!”

“Max torna domani da un meeting che si svolge a Berlino.”

La Brighella solleva il suo grosso seno con le mani, liberandolo dal sottile reggiseno a balconcino. Dopo aver socchiuso gli occhi, e aver atteggiato la bocca a culo di gallina, mormora con un fil di voce: “Attilio, vieni subito qui!”.

Spinotti si percepisce giovane e energico, mentre percorre leggero, in un baleno, il lungo corridoio tinteggiato di rosa pastello. Lorella Brighella lo afferra fra le sue grinfie, poi lo stringe a sé in un abbraccio che riesce a fondere le carni di entrambi.

Attilio Spinotti dà un’occhiata all’orologio, balza in piedi e si riveste in fretta e furia.

“Ti scrivo presto”, le sussurra congedandosi, stampandole sulla fronte un bacio casto e delicato. Calza le scarpe da ginnastica, e voltandosi per l’ultima volta, fermo sulla soglia della stanza da letto, le rivolge uno sguardo melenso. La donna giace nuda al centro del letto e le sue gambe, che sono rimaste divaricate, mostrano il succoso e prelibato frutto che accende la loro passione. La bella Brighella solleva il bacino inarcando il corpo. Sorride maliziosa, e mentre si succhia l’indice finge di provare un immenso piacere.

L’animato litigio della porta accanto è interminabile. Altre grida giungono sempre più forti, man mano che Spinotti si avvicina all’ingresso. Tira un bel sospiro di sollievo quando sbuca sul pianerottolo, poi si fa il segno della croce, e infine si piazza davanti all’ascensore per premere il pulsante di chiamata al piano. Strilli selvaggi si susseguono senza tregua, uno dopo l’altro. Forse a causa del litigioso sottofondo che avrebbero dovuto sorbirsi, o per via del nuovo avviso affisso in bacheca, Lorella, per fortuna, non ha espresso il desiderio di fare l’amore su quel terribile aggeggio traballante. E pensare che nulla, fino a quel momento, era mai stato in grado di farla desistere dal suo strano vizietto. Fra sé e sé Spinotti pensa che è stato meglio così.

Suo malgrado l’ascensore tarda ad arrivare, e la voce adirata di Ardito sembra ormai provenire da dietro la porta d’ingresso. Si dirige rapido verso le scale, ma proprio quando posa il piede sul primo gradino, il portone degli Ardito si spalanca all’improvviso.

“Spinotti! Cosa diavolo ti porta quassù?”

“Beh, io… ho sentito delle grida, così ho preferito assicurarmi che fosse tutto a posto.”

Ardito lo squadra da capo a piedi, poi un sorriso maligno gli si dipinge sul volto. Spinotti ha i capelli arruffati, il volto contratto, le mani gli tremano visibilmente e le scarpe sono slacciate, un particolare che salta subito all’occhio.

“Sarà meglio allacciarle quelle stringhe, se non vuoi finire all’ospedale a tener compagnia al tuo caro amico Prisco”, gli consiglia il galantuomo, con un tono di voce così ambiguo da far invidia persino a un attore.

Spinotti balbetta qualcosa; pronuncia una frase breve e incomprensibile, poi si china per allacciare le sue nuove Nike.

Che le brutte sorprese non siano finite gli tocca intuirlo quando raggiunge il suo appartamento. Dall’interno provengono una serie di rumori. Si tratta di tonfi lievi, ripetuti, e di un fruscio intermittente. Se sua moglie fosse già rincasata? No, questo è impossibile. L’appuntamento dal parrucchiere era stato fissato alle tre, e l’orologio indica soltanto le tre e trenta. L’uomo infila la chiave nella serratura, ma qualcosa non va: la porta è già stata aperta. Lui è sicuro di averle dato tre belle mandate, tuttavia spinge piano la maniglia, cercando di creare un piccolo varco dal quale può sbirciare nell’appartamento. Suo malgrado la porta emette un cigolio sinistro, attirando così l’attenzione di sua moglie. La donna ha un’espressione tesa, e dopo avergli lanciato un’occhiataccia, continua a rovistare nel cassetto della credenza.

“Dove sei stato?”

“La solita passeggiata.”

“Sotto il sole cocente di oggi? Per caso ti sei ammattito? Ci saranno trenta gradi, manco fossi un ragazzino!”

“In tua assenza mi stavo annoiando”, si giustifica il volpone.

Lei sorride, tuttavia sembra nervosa. 

“Hai visto la mia carta di credito? Per fortuna mi sono accorta di averla persa prima di arrivare dal parrucchiere, così ho potuto rimandare l’appuntamento.”

“Quella ormai ti conosce bene: a pagarla saresti potuta tornare più tardi.”

“Attilio, la carta io volevo bloccarla subito. E l’avrei fatto, se fossi riuscita a trovare il numero da contattare in caso di emergenza. Ma non c’è stato verso. Lo sai, in queste faccende sono imbranata, quindi ho preferito tornare a casa, ma quel maledetto numero non c’è neanche qui. Ero sicura di averlo segnato su un’agenda infilata in un cassetto.”

“Certo, hai fatto bene”, ammette l’uomo.

Nel tentativo di mostrarsi solidale, Spinotti si avvicina alla moglie. “Stai tranquilla: adesso ci penso io!”, dichiara. Dopo averla accarezzata sulla spalla per cercare di consolarla, infila una mano nella tasca dei bermuda e estrae il suo smartphone. Riaccendendolo, non può fare a meno di rileggere velocemente la conversazione in WhatsApp intrattenuta poco prima con la bella Brighella. Sudando come una fontana, l’uomo si dà da fare per chiudere in fretta l’applicazione.

“Hai un odore strano”, afferma la donna, all’improvviso.

“Ho sudato”, risponde lui, secco, cercando di risultare convincente.

“No, questo è un profumo di fiori marci!”, insiste la donna.

Una vampata di calore incendia le guance del povero Spinotti, che quasi smette di respirare.

“In effetti, mentre passeggiavo, sono andato dal fiorista.”

“Attilio, sei sicuro di star bene? Non dirmi che intendi regalarmi dei fiori! Non capita da circa vent’anni, da quando mi chiedesti di essere tua moglie.”

La donna distoglie lo sguardo dalla cassettiera per guardarlo finalmente in maniera diversa. I suoi begli occhi diventano umidi: posa con dolcezza una mano sotto il mento del marito, lo solleva, poi approfitta per baciarlo sulla bocca.

Spinotti, assai imbarazzato, sussurra: “Dài, muoviamoci, o qualcuno provvederà a prosciugare le nostre finanze ancor prima di noi!”

L’insistente trillo del campanello li fa sobbalzare, mettendo fine alla graziosa scenetta romantica.

La padrona di casa si precipita alla porta e la spalanca.

“Te l’ho già detto un sacco di volte: prima di aprire devi sempre chiedere chi è”, brontola lui, cercando di darsi un contegno serio, da capofamiglia.

“Buongiorno, signor Ardito. Oggi non è al lavoro?”

“No, purtroppo. La mia auto è dal carrozziere. E infatti ho incontrato poco fa suo marito sul pianerottolo, davanti a casa mia, ma mi son scordato di riferirgli una cosa importantissima.”

“Prego, si accomodi allora!”

“Mia cara signora, non si offenda, ma preferisco parlarne qua, fuori. Sono cose da uomini…”, dice, poi mette su un ghigno foriero di tempesta.

“Come preferisce. Attenda, adesso lo chiamo.”

“Ho sentito, e non c’è n’è bisogno: arrivo subito!”, fa lui, con un tono assai brusco.

Con passo incerto Spinotti raggiunge il pianerottolo, poi provvede a richiudere bene la porta.

“Questo è solo un avvertimento: se oserai metter di nuovo piede a casa di Lorella, stai pur certo che tua moglie lo saprà, e, perché no, può darsi che verrà a saperlo persino suo marito.”

Spinotti è confuso, non riesce a ribattere. Non ce la fa a giustificare la strana reazione del vicino, né tantomeno riesce a comprendere fino in fondo il motivo di tanta cattiveria. Nella sua mente si accavallano pensieri sconnessi, nonché numerose domande, che restano senza risposta.

Dopo avergli voltato le spalle, Ardito si accinge a scendere le scale. Solo allora Spinotti tira un lungo sospiro; poi rientra in casa.

Sua moglie lo osserva con un’aria curiosa e indagatrice.

“Oggi eri all’attico?”

“Sì. Quei due gridavano come matti. Avresti dovuto esserci! Ho preferito accertarmi che tutto andasse per il verso giusto.”

“Ma come diavolo hai fatto a udirli da qui, dal primo piano?”

“Con le finestre aperte tutti sentono tutto.”

“Sei stato molto generoso a scomodarti, e inoltre hai assolto ogni tuo dovere di buon vicinato.”

“Già, ma ritengo che, trovandosi al mio posto, chiunque l’avrebbe fatto.”

“Cosa voleva Ardito?”

“Niente di così particolare. Mi ha raccomandato di non farne parola con nessuno. Credo che si vergogni un sacco di quanto è accaduto.”

“Già, ma non c’era alcun bisogno di farti una simile raccomandazione. Io ti conosco: sei un uomo corretto e affidabile, e questa è una dote che ti contraddistingue, che ti appartiene e che io ho sempre apprezzato.”

“Oh, tesoro! Ormai anche tu dovresti sapere che lo stesso vale per me.”

“Ti amo.”

“Idem, anch’io”.

Autore: Nadia Fagiolo

Adoro leggere, scrivere, vendere i libri. Sono libraia da sempre. Prendo spunto da personaggi o fatti del quotidiano e sento l'esigenza di amplificarli e tradurli in racconti o poesie. Mi diverte, è uno sfogo e una passione.

20 pensieri riguardo “LA SCAPPATELLA (IL CONDOMINIO).”

  1. Ed eccolo il nuovo attesissimo capitolo de “il condominio”. Questa volta siamo alle prese con un bel volpone, e la moglie – povera! – non sospetta niente, almeno per il momento. Certi uomini hanno tutte le fortune, ma ci sarà anche per Spinotti la nemesi! 😉
    Certo che in questo condominio ne succedono di cose: ce ne fosse uno, dico uno, con la morale a posto!
    Racconto molto ben scritto, senza sbavature, debolmente erotico e non scurrile.

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