SCENA 2
Annette era persa dentro la sua paura ma Anthony appariva ben più terrorizzato di lei. Poco prima, cercando di apparire calmo quanto più gli fosse possibile, era riuscito persino a rassicurarla un poco: “stai tranquilla, non ti farò del male!” Intendeva assecondarla per evitare di alimentare ulteriormente il suo nervosismo, notando Annette in totale balia di una crisi isterica probabilmente amplificata dall’amnesia. La donna, infatti, batteva ripetutamente il piede a terra e stringeva a più non posso le sue mani in un pugno così tanto serrato da causare alcuni piccoli sfregi sotto le lunghe unghie smaltate e un rigonfiamento delle arterie che risultavano visibili tra l’orlo della manica e il suo polso.
Anche Anthony era pervaso da uno stato piuttosto confusionale. Svariate immagini si avvicendavano nella sua mente in maniera disordinata, come un susseguirsi casuale di diapositive e non in una vera e propria sequenza.
In realtà quella donna lo inquietava, qualcosa in lei non lo convinceva del tutto. Dietro a quello sguardo apparentemente innocente avrebbe potuto nascondersi una specie di demone, un’entità malvagia.
Anthony si sforzò di ricordare anche soltanto un particolare, un qualsiasi indizio o una qualunque immagine che potesse aiutarlo a comprendere il motivo per cui si fosse risvegliato in quella stanza. Cosa poteva ricondurlo ad Annette?
E mentre la donna si stava mordendo piuttosto a fondo il labbro inferiore provocandosi diversi tagli dai quali fuoriuscivano rigagnoli di sangue tiepido e vivo, Anthony si ricordò di qualcosa che lo terrificò, proprio mentre per un attimo, incrociò nella penombra lo sguardo della donna divenuto all’improvviso nero, vuoto e spento.
Piccole reminiscenze di ricordi gli si erano presentati come in un flash di immagini.
Gli sovvenne il volto di Annette china sulla vittima già senza sensi; il suo braccio guidato da una forza sovrumana che sferzava ritmiche, furiose e profonde coltellate al petto di quel pover uomo, giacente a terra e tanto sangue che dilagava ovunque sgorgando a fiotti. La linfa vitale abbandonava l’involucro di quel corpo svuotato, maledettamente rossa e ancora pulsante e tiepida come una specie di sorgente che si riversava piano negli indumenti per poi scivolare, densa e secondo la gravità, verso la terra. Sul pavimento ristagnava una chiazza di orrore che dilagava senza pietà, sempre di più.
Osservando quella donna così debole e impaurita e dall’aria infantile e innocente, Anthony si rimise in discussione interrogandosi sulle vaghe immagini visualizzate poco prima nella sua mente e valutò anche l’ipotesi che potessero essere soltanto una reazione della sua immaginazione all’eccessivo stress causato dalla situazione.
Anthony teneva un gomito ripiegato sul bancone del bar “Capitol Hill” di Seattle reggendo un bicchiere colmo che gli era stato appena servito. Quel locale era il consueto luogo di ritrovo con gli amici Mark e Steve. Anche quella sera discutevano del più e del meno, bevendo qualcosa.
All’improvviso un buon profumo, dolce, si diffuse nell’aria e penetrò con prepotenza nelle narici di Anthony. Voltandosi, non poté fare a meno di notare una donna magnifica dai lunghi capelli mossi e rossi che proprio lì accanto e apparentemente scocciata, frugava nella borsetta in cerca di qualcosa.
“In queste maledette borse, non si trova mai nulla!” Esclamò lei con aria stizzita, sollevando uno sguardo malizioso che incrociò quello di Anthony.
Anthony era considerato da sempre il ragazzo più desiderato e affascinante della compagnia nonostante i suoi capelli si fossero ingrigiti presto, oppure con tutta probabilità, piaceva alle donne proprio per quello. Una chioma riccia e brizzolata incorniciava gli zigomi molto marcati e sovrastati da uno sguardo intenso, ricoperto da sopracciglia sempre arruffate e molto scure che contribuivano a esaltare l’azzurro dei suoi occhi.
Non si meravigliò, dunque, nel ricevere anche da quella bella donna un mezzo sorriso.
Anthony colse la palla al balzo, trovandola molto intrigante. Fu attratto da quelle labbra carnose ricoperte da un rossetto porpora che ne risaltava i movimenti e che esibiva spavaldo una dentatura perfetta e bianchissima.
Tutto questo era ben incastonato in un corpicino esile dal seno sodo ma discreto, piacevolmente fasciato da un abitino lucido e nero. Ne apprezzò comunque anche l’eleganza accompagnata da una particolare sinuosità nei movimenti nonostante fosse precariamente sostenuto da un altissimo tacco a spillo.
I suoi amici gli lanciavano continue e ironiche occhiate di approvazione scambiandosi commenti piuttosto sconci a bassa voce e ridacchiando.
Anthony si rivolse alla donna brillantemente: ” mi stupirei del contrario. Non ho mai incontrato una donna che abbia saputo trovare subito un oggetto all’interno della sua borsetta!” E sfoggiò il suo sorriso da “Don Giovanni” che rare volte aveva fallito.
La sconosciuta sorrise a sua volta, con parecchio “savoir faire”: “Sto cercando il portafoglio… Oh che sbadata… eccolo qui!”
Estrasse dalla tasca del suo soprabito che teneva ben ripiegato al braccio, un piccolo portamonete nero, in pelle, rigido e con due pomellini in acciaio.
“Credo che non servirà!” Ribatté pronto Anthony, afferrandole la mano che lo reggeva, avvolgendola deciso nella sua, per poi riaccompagnarla con delicatezza all’interno della borsa.
“E’ chiaro che stasera offro io! Cosa desideri?”
Lanciò un simpatico occhiolino alla donna, afferrò i bicchieri colmi e piacevolmente odorosi di alcool che nel frattempo erano stati serviti sul banco e si appartarono insieme su un divanetto all’angolo del locale. Intavolarono una lunga e piacevole chiacchierata di circostanza.
Ordinarono dell’altro liquore mentre tra loro si accendeva il desiderio e si alimentavano grandi illusioni.
Dietro ad un pianoforte verticale posto al centro della sala, un musicista suonava del jazz.
Mark e Steve salutarono da lontano e lasciarono il locale. La notte era appena cominciata e Anthony era impaziente di possedere Annette: doveva farla sua, a tutti i costi.
Annette accavallava le gambee mentre la gonna le scopriva le cosce tornite. Sorrideva simpatica inclinando la testa su di un lato. Lo provocava stuzzicandolo e avvicinandosi sempre di più, flettendo un pochino il busto in avanti e lasciando più che immaginare il suo bel seno ormai reso in buona parte visibile oltre lo scollo morbido del vestito.
Avvicinò la bocca all’orecchio di Anthony e sussurrò: ” possiedo un appartamento poco distante da qui, è solo un locale mezzo vuoto e un po’ vecchio, ma se ti va…”
Fu ovvia la risposta di Anthony che balzò in piedi come se avesse subito una scossa e che venne travolto da un’ondata di caldo e di euforia.
Giunti davanti a quel palazzo, Anthony fu assalito da qualche dubbio mentre ne osservò ripetutamente dall’alto al basso il contesto. Si trattava di un vecchissimo edificio ormai diroccato e per buona parte probabilmente disabitato.
Ma la voglia di possedere Annette ebbe “la meglio”.
Dopo aver trovato la chiave dentro la sua borsetta, Annette spinse con forza il portone arrugginito che cigolò emettendo un’eco graffiante.
Salirono a piedi diversi piani di scale poiché l’ascensore era in disuso, l’lluminazione risutava scarsa.
Giunsero dinanzi a un portone. Il tappetino all’ingresso logoro e parecchio consumato, la serratura un po’ difettosa. Finalmente, schiudendo la porta di ingresso la donna, con un cenno della testa, invitò Anthony ad entrare per primo.
Lui obbedì, fremeva di desiderio, spalancò il portone e fu dentro.
Subito percepì un dolore improvviso al collo accompagnato da forte bruciore, forse un’iniezione?
La mano di Annette fu svelta e decisa.
Quasi immediatamente Anthony cominciò a barcollare fino a perdere l’equilibrio e la vista. Tutto divenne nero e così restò per svariate ore.
“ Me l’ha preso! Qualcuno ha preso il mio cellulare! Me lo potevo aspettare! Anche il tuo vero?”
Annette si limitò a un inesistente cenno della testa, e poi si incantò di nuovo ad osservare con lo sguardo perso e vuoto quel corpo inanime e insanguinato all’angolo della stanza.
Anthony, osservando Annette in quello stato, pensò che fosse davvero pazza. Gli parve realmente turbata, ignara e forse davvero vulnerabile e impaurita.
Non poteva essere la stessa donna che nelle sue visioni aveva compiuto quell’omicidio. Eppure non era da escludere nemmeno l’ipotesi che, una volta ucciso quell’uomo si fosse potuta ammanettare lì accanto addormentandosi poi in un sonno insano e del tutto differente da un naturale bisogno fisiologico.
Anthony notò poco più in là la presenza di quella gonfia e dannata borsetta, probabilmente zeppa di chissà quali aggeggi e certamente contenente i cellulari di entrambi…
Ora finalmente possedeva un piano!
Doveva liberarsi e assecondare quella sgualdrina per riuscire ad appropriarsi della borsa, avrebbe così ottenuto le prove della sua colpevolezza. Avrebbe potuto così dare l’allarme, avvisare la polizia per poi finalmente lasciare quel tugurio.
Lei ebbe un altro improvviso conato di vomitò, pareva trovarsi realmente in difficoltà. Anthony le tese una mano per aiutarla e lei lo cinse in una specie di abbraccio. Per un secondo, solo un secondo, in Anthony riaffiorò il desiderio di possederla ma fu subito sostituito da un forte ribrezzo. Si rammaricò per essere stato così stupido e sprovveduto e si augurò che il male che Annette celava dentro potesse rinvenire il più tardi possibile.
Soltanto così si sarebbe potuto salvare!
La abbracciò anche lui, cercando di stare al gioco, con uno sforzo sovrumano e fu così che i loro sguardi si incrociarono di nuovo, per un istante, nella penombra.
Provò soltanto terrore, tanto terrore.
Basta! Doveva liberarsi. In qualche maniera riuscì a divincolarsi dalle braccia della donna e con foga inaudita cominciò a strattonare quelle catene che lo legavano al muro e al suo allucinante destino. Il ferro delle maglie batteva con fragore sul pavimento mentre Annette pregava ad alta voce.