CAOS (parte 3)

grata

SCENA 3

E fu silenzio. Il locale risuonò ancora più spaventoso e tetro. Anthony, comprendendo che i suoi sforzi per scardinare quelle catene erano risultati del tutto vani, si immobilizzò sfinito e rassegnato. Annette lo osservò di sbieco, nella penombra. La sua sagoma risultava rannicchiata con le ginocchia ripiegate al petto e il viso pareva voltato verso di lei.
Nonostante la scarsa illuminazione presente in quella stanza, Annette realizzò che lo sguardo di Anthony era proprio diretto verso di lei. Si percepì quindi a disagio notando gli occhi dell’uomo così fissi,sgranati e vuoti somigliare a due due fessure ancora più nere dell’ombra.
Improvvisamente la mente di Annette fu assalita da un inaspettato e vago ricordo.

… Dopo una giornata di lavoro stava per rincasare e aveva ormai raggiunto la sua abitazione. Parcheggiò come sempre l’auto poco distante e al solito posto, ben accostata al marciapiede. Pigiò il telecomando richiudendola con un “beep”. Spirava un fastidioso vento freddo e a passi veloci raggiunse l’uscio del suo palazzo.
Fu avvolta all’improvviso da una grande mano che le cinse in contemporanea bocca e naso. Qualcuno l’aveva sorpresa alle spalle e ora premeva sul suo viso con una forza tale da impedirle di respirare immobilizzandole testa e collo.
Si agitò tentando di divincolarsi ma un altro braccio la avvolse alla pancia e con uno strattone deciso la trascinò a sé.
La sua schiena premeva contro il petto di quello sconosciuto. A malapena riuscì a intravedere la manica di un giubbino in pelle e nero.
La sua borsetta cadde a terra, nel fango causando un tonfo morbido e poco dopo la stessa fine toccò anche a lei.
Si risvegliò poi ammanettata e incatenata in quella stanza dell’orrore con la testa confusa e dolorante.
Poco dopo notò la sua borsetta visibilmente macchiata di fango, ormai rinsecchito, che poggiava a terra all’angolo del locale, così vicina ma nel contempo irraggiungibile a causa del poco agio concesso da quella ferraglia che la cingeva stritolandole i polsi.
Quel ricordo sbiadì presto e subentrò in lei la stessa e surreale sensazione spesso lasciata da un brutto sogno. Non era in grado di valutare se quei ricordi potessero essere reali. Avrebbe desiderato conoscere almeno il movente di quel probabile sequestro e cosa la potesse accumunare a quell’uomo dall’atteggiamento così bizzarro, che seguitava a fissarla, immobile.
E cosa dire della vittima insanguinata a pochi metri da lei? Perchè?
Si torturò cercando di trovare delle risposte.
Sebbene non provasse la minima fiducia verso quello sconosciuto, si fece forza e osò domandargli: “Cosa c’è? Perché ti sei fermato? E come mai mi fissi così?”
Nulla. Anthony era divenuto impassibile e assente, a fatica se ne poteva percepire il respiro, lento, lieve.
A insaputa di Annette i suoi occhi,voltati all’indietro, stavano osservando dentro di sé.
Come un film nel suo cervello scivolavano diversi momenti della sua vita.

RICORDI:
Le inferriate di acciaio tagliavano a striscie i palazzi grigi che circondavano e oscuravano il piazzale con i pochi sprazzi d’erba e tanto cemento. Con tutta la loro altezza si infiltravano nel cielo trafiggendolo come degli enormi chiodi. Anthony di quella vista aveva la nausea.
Capitava che uno dei tanti passeri scuri, dagli occhi cerchiati di bianco, planasse fino al cortile. Quelle bestiacce volanti sembravano portare gli occhiali, quasi a voler curiosare meglio e lo infastidivano al punto di indurlo a grattarsi ripetutamente il collo. Si torturava con nervosismo e in maniera frenetica, giorno dopo giorno, ostacolandone la possibile guarigione e la formazione delle croste. La pelle appariva sfregiata da numerose cicatrici sulle quali si aprivano altrettanti tagli sanguinanti.
Eppure le unghie gli venivano tagliate spessissimo e da un’operatrice molto grassa. Anthony soleva osservarle i tre peli che le penzolavano sotto il mento e le ascelle che sudavano assai e fin sopra il camice verde.
“Vieni qua! Forza, da bravo! Manicure tesoro!” E quella frase,ogni santa volta, senza cambiarla mai, nemmeno di una virgola.
Anthony avrebbe voluto strapparle di mano quell’aggeggio, che per motivi di sicurezza non era certo una forbice, e pizzicarle la pelle, spappolarla, staccarne piccoli brandelli per poi buttarli fuori dalla grata e darli da mangiare a quei passeri o agli avvoltoi, se mai ci fossero stati. Chissà se qualcuno di essi affamato si sarebbe spinto fino a Washinghton per questa golosa occasione!
Si trovava ormai in quella cella da qualche anno. Da quando era stato giudicato pazzo e pericoloso.
Ma lui sapeva la verità. Quell’uomo, il suo capo, aveva meritato tutto. Tutto quanto. Dopo anni di continue provocazioni, di insulti, di vigliaccherie, ecco cosa aveva vinto! Un viaggio per l’inferno. Solo una piccola spinta, nel forno aziendale che si utilizzava per sciogliere i metalli. Era perfetto, in questo modo sarebbe diventato acciaio, magari una bella statua in onore a tutti gli imprenditori degli Stati Uniti. Nessuno l’aveva condannato per questo, nessuno lo vide spingervi dentro quel poco di buono e, soprattutto, nessuno ne ritrovò mai il cadavere. Era riuscito a farla franca. Ma altrettanto non accadde con quella donnaccia.
E la rivide nitida, la sua ex moglie, ormai imbruttita. La teneva chiusa da mesi in cantina, alimentandola con acqua e pane solo ogni tanto. Era un’immigrata Russa per cui nessuno si accorse della sua assenza. E pensare che quella donna avrebbe desiderato da lui anche un figlio! Anthony detestava i bambini. Natasha aveva raggiunto 45 chili di peso quando fu scoperta per caso da un postino. Quella rompiscatole screanzata era riuscita a colpi di denti a rosicchiare la benda che le copriva la bocca e, in seguito, persino a gridare. Una disattenzione. Una disattenzione che gli impedì di eliminarla definitivamente dalla sua vita e, anzi, gli costò la reclusione in quella struttura.
Anthony sapeva di essere solo, di non avere amici. Li immaginavaa volte nella sua testa, ma nella realtà ne era privo e non gli dispiaceva affatto. Non ne aveva mai avuto bisogno. Sin da bambino aveva sempre dimostrato un brutto caratteraccio che peggiorò terribilmente con la morte dei genitori, quando, entrambi persero la vita sul colpo a causa di un incidente d’auto sulla 16ma. Nessuno osava avvicinarsi a lui, e di questo ne andava fiero. Il suo atteggiamento scontroso, rude e maligno sapeva scoraggiare anche i più temerari e altruisti.
In tanti, troppi, avevano assaggiato i suoi puntuali cazzotti.
Ma quel cortile dell’ospedale psichiatrico ove era detenuto, al lunedì e al giovedì rifioriva. Fioriva di un bel rosso sangue. Quando quel cancelletto piccolo di acciaio si apriva, per un attimo si intravedeva la frenesia della città. Macchine o autobus che lasciavano scie colorate, quasi impercettibili in quel misero istante in cui quel varco sul mondo restava aperto. Tracce di festa si intravedevano in quei pochi secondi necessari per permettere alla dottoressa di accedere nei reparti dell’ospedale psichiatrico.
Quanto l’aveva amata. Settimana dopo settimana, mese dopo mese. Una vera apparizione, elegante e sublime con i suoi capelli rosso fuoco vibranti sulle sue spalle e solo qualche volta legati in una severa coda di cavallo. La sognava, la attendeva. Era l’unico momento in cui si sentiva vivo e pulsante.
Si immaginava di avvolgerla in una morsa e di sentirne accelerare il suo respiro e i gemiti. Doveva essere straordinaria a letto a giudicare da come portava elegantemente quel tacco a spillo alto almeno 10 centimetri.
Ne aveva realizzato persino il profumo che inebriante avrebbe saziato le sue narici e la sua bocca.
Provò svariate volte a farsi male, non era facile, la camera era priva di qualsiasi oggetto contundente ma infine c’era riuscito.
E tanta fu la delusione nell’accogliere la visita del dottor Johnson. La dottoressa era assegnata al piano “B”, avrebbe curato Edward, l’unico a cui Anthony avesse rivolto alcune confidenze in occasione di lavori di gruppo e di terapia. Non era un amico ma soltanto un compagno di sventura.
Lui si che avrebbe potuto sentire sulla sua pelle le mani gentili della dottoressa Annette durante una delle sue visite. Lo invidiava. E immaginava.
… Ma un brutto giorno, la sua guardia preferita: William, un gay che prestava servizio davanti alla sua cella, un idiota che avrebbe voluto soltanto averlo, che credeva di comprarsi qualche ora di sesso in cambio di un paio di sigarette, doppi pasti e qualche parolina dolce, gli comunicò che Edward era morto. La dottoressa Annette aveva sottovalutato un forte dolore al petto, negando il consenso per trasportarlo in una struttura tradizionale forse non credendolo . Aveva avuto un infarto, fulminante.
Quella donna era un’assassina, un demone. Era pericolosissima. Eppure suo padre l’aveva avvisato,prima di morire, che” mai avrebbe dovuto fidarsi di una donna dai capelli rossi!”.

SCENA 4

Anthony aveva voluto credere ad un’altra storia, sperava fosse vera. Sperava che qualcuno l’avesse fermato, Nel suo profondo avrebbe desiderato che Annette fosse stata in grado di mettere la parola fine alla sua esistenza, perchè ora che non aveva più un motivo per evadere dalla noia, ora che non l’amava più, forse sarebbe stato meglio morire e pentirsi per il male che era solito causare. Invece si era immaginato tutto. Si era immaginato di essere lui, per una volta, l’indifeso, l’impotente, quello bisognoso di aiuto. E sarebbe stato bello.

Dopo questa riflessione che durò una manciata di secondi, si convinse che quello lì era proprio il suo destino. Avrebbe giustiziato quella donna. Continuò a fissare Annette che ammanettata accanto a lui gli era così incredibilmente vicino… Se soltanto questo fosse accaduto qualche settimana prima, l’avrebbe corteggiata, l’avrebbe posseduta a qualsiasi costo, anche con la forza. Ma ora no. Ora era soltanto vendetta.
William era ancora lì, testimone del suo odio, in una pozza di sangue. Un uomo inutile e stupido che si era fidato di lui, che aveva progettato per lui la sua evasione nella speranza di momenti felici e magari un bell’appartamento sull’oceano e dei fiori sul tavolo.
L’aveva ucciso con ferocia, due coltellate. Una alla giugulare e una al cuore mentre fissava Annette che, in stato confusionale e sotto l’effetto della droga, sonnecchiava vunerabile e legata.
L’avrebbe visto bene quel cadavere, al suo risveglio. E avrebbe dovuto sentirsi colpevole. Colpevole di essere un’assassina. E avrebbe dovuto provare la stessa paura che, prima di lei, provarono i genitori di Anthony, Edward e anche William.
Si era ammanettato poi accanto a lei, desiderava ingannarla, tradirla, beffarla. Ne voleva assaporare reazioni, paure e sconforto, lungamente, da vicino, addirittura viverli in simbiosi, unito a lei da quelle meravigliose catene.
E poi, e poi sarebbe giunta lenta la vendetta, come un tronco di legno che arde nel camino il cui destino trasformerà in cenere.

Autore: Nadia Fagiolo

Adoro leggere, scrivere, vendere i libri. Sono libraia da sempre. Prendo spunto da personaggi o fatti del quotidiano e sento l'esigenza di amplificarli e tradurli in racconti o poesie. Mi diverte, è uno sfogo e una passione.

41 pensieri riguardo “CAOS (parte 3)”

      1. @ LADY NADIA e infatti eccomi qui con l’imbrunire, fra poco caleranno le tenebre e con esse riemergeranno tutte le nostre paure ataviche. Ma nel buio il tuo gioiello rifulgerà simile a una stella, poiché qui – a mio modesto giudizio -, hai raggiunto vette elevatissime, non ancora il top, credo: esso arriverà, e poi, e poi, ti supererai ancora. Possiedi tutto: il dono della scrittura, il climax, la necessaria morbosità, il lato sadico e – mi fermo qui – la capacità di travolgere il lettore, portandolo esattamente dove tu vuoi.
        Una stella? Sì, ma fra le più splendenti!

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  1. La nobiltà della follia

    Stavo per svenire.
    Mi sono seduto, ho chiuso gli occhi, ho poggiato la fronte su una mano, ho respirato.
    Avevo la tentazione di scappare, di correre dagli altri.
    Ma non potevo.
    Dovevo prima guardare un’altra volta.

    La paura gioca continuamente con la sfida del sé. L’eccitazione ingaggia una partita con le certezze consolidare.
    Nel buio silenzioso si effettuano i primi viaggi mentali e si scopre la paura.
    Il silenzio e la paura sono conflitto, sfida e apprendimento, scoperta, immaginazione e loro sono i poteri per andare oltre.
    Il silenzio, che immagina, costruisce lo spazio dove l’identità incontra il rischio dell’alterità; è costruzione dell’identità nella sua necessità con Annette. Il buio, l’oscurità, è lo spazio del mistero, appunto, della paura.
    Per Anthony è, allo stesso tempo, lo spazio del coraggio, dell’esorcismo, e della potenza dell’immaginazione e quindi dell’azione.
    Tutta la nobiltà dell’omicidio ragionato e nero.

    Un capitolo il vostro, lady Nadia mia signora, dal verso potente e inquietante. Scritto e descritto con la mano dell’assassino e con i suoi occhi, ci pone nella mente e nelle perversità che l’uomo, da sempre, nutre e vivifica nei suoi incubi.
    Avete fatto centro lo ammettemmo e verificheremo, nel prosieguo, questa vostra vena che opera dentro e dietro la psiche.
    Rimanete concentrata milady, anzi concentratissima: la carne al fuoco che portaste è tanta e tanto sta promettendo.
    Anche noi, tempo fa, ne analizzammo gli aspetti con le vicende di ‘Numero 7’:
    Vi elargimmo un meritatissimo Like.

    Nota: Anthony, in inglese, vuole l’h. In caso contrario, nella medesima lingua, assume il significato (parlata ovviamente) di [a(privativa) e tone (nel parlato si usa, sommato alla a e alla n, tony)] antony ovvero ‘senza tono’.

    Cordialità

    The milorder

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  2. Vero. Avevo notato la correzione automaticama poi mi son detta: ” E’ solo un nome”.
    Piuttosto, avendone terminato la scrittura ieri sera molto tardi, ho apportato oggi un paio di “piccole”correzioni.
    Proprio perchè, come dice bene Lei, la carne al fuoco era tanta.
    1 – la borsetta. Voluta inserire nella prima parte tanto per accennarne la sorte in questa ultima versione dei fatti.
    2- non si capiva bene il collegamento con i pensieri fantasiosi di Antony della seconda scena e ho dovuto inserire una frase di chiarimento.
    So che durante la sua attenta lettura,che credo sia avvenuta anche prima della mia correzione, avrá notato questi errori.
    Ora credo sia tutto a posto. Pronta per il quarto pezzo.
    Grazie per la dritta, non si deve mai dar nulla per scontato. Rileggere tutto. Sempre. Più volte.

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    1. Dunque (mi dispiace iniziare con un conclusivo, ma sono proprio fuori dalle madonne) sospendo unilateralmente il voi e continuo con un meno prosaico tu, giusto per comodità.

      Sì ho letto e notato quello che hai sistemato ma, a quanto pare (molto elegantemente, hai sempre detto di voler una recensione/critica sincera e leale? Ne prendo atto) certe cose non si dicono perché si viene subissati con frasette che, coercitive, vengono dettate dal puro plagio.
      E per me è inaccettabile.
      Mi riferisco alla tua amica Alessandra, Ale o Sandra, o come diavolo preferisci chiamarla che, a mio modesto parere, non sta facendoti un buon servizio.
      Anzi, con il suo fare da suocera ottusa, sta facendo fuggire il mondo, ridicolizzandoti.
      INACCETTABILE!
      Non lo tollero e non ci torno più!

      Passa la voglia di scrivere e analizzare per recensire, suggerire, sostenere e laddove meritevole, onorare, rispettare ed evidenziare.
      A quanto pare, però, il servizio di censura continua più vivo e tranquillo di prima.
      Non m’interessa pontificare (non sono certo il tipo che pontifica) su un’amicizia consolidata quanto ti pare e la cosa non mi riguarda.
      Qua c’è morbosità che fa fuggire tutti.
      Credimi, hai delle potenzialità notevoli e soprattutto sei onesta con te stessa e questo è positivo.
      Ma volere soffocare come, ad un tempo, essere soffocati anche sulle stupidità, mi dispiace, ma non ci sto. Sono pragmatico e attento a tutto; rispettoso ed educato. Pronto a riconoscere i miei errori, ma non tollero essere contraddetto nelle cose umanamente comuni e soprattutto stupide.

      Sì, è vero, sei stata invidiata.
      Ma se primeggiare significa contraddire qualsiasi cosa in modo ottuso, come fa la tua amica, io non ci sto.

      Vado sul converso:
      Se un mio amico mi avesse scassato l’anima in questo modo (intrattenimento verso un qualsiasi lettore per intrufolarsi e giudicare cosa è giusto e cosa no, arrogandosi i diritti del difensore d’ufficio su difese inesistenti e insussistenti), stà pur tranquilla che alla prima occasione l’avrei gonfiato di sberle.
      Io sono un professionista serio, e questa affermazione è la seconda volta (e sarà anche l’ultima) che la scrivo qua e per mio costume, fidati, e onestà intellettuale, prima di scrivere un qualsiasi cosa, ci penso sempre molto bene.
      Ci penso una, due, tre volte, ma ci penso.
      Eccome.
      Le parole sono importanti e possono uccidere [in quel caso si chiama, a (seconda dei casi) istigazione al suicidio o all’omicidio].
      Io, della parola, ne ho fatto la ragione di vita.
      Della filosofia il mio status e della letteratura il mio credo, con una reputazione, anche dei trascorsi di docenza universitaria, .

      1) La tua amica scrive:

      … per me c’è un solo errore, peraltro veniale: si scrive “perché” e non “perchè” …

      quindi oltre che darmi dell’imbecille (Se scrivi qualcosa in un’altra lingua, DEVI sottostare alla Linguistica Generale, o smetti di scrivere!) Anthony, in inglese si scrive con l’acca. Te l’ho fatto notare usando dei toni colloquiali e delicati per non offendere la tua sensibilità (e ce ne vuole di sensibilità per scrivere quello che scrivi, con i tuoi risultati buoni) e l’argomento, per me era morto lì.

      Hai corretto?
      NO e va bene lo stesso.
      Io non ho puntato la pistola al petto di nessuno.
      Non ne faccio una questione né di vita, né di vitale importanza, ci mancherebbe.
      Se ho scritto esprimendo qualcosa, è stato per te, giusto per la correttezza stilistica. Punto!
      Ma farmi notare, la tua amica, che non ci sono errori tranne che per un’accentatura circonflessa, è come darmi dell’imbecille.
      In questo caso, però, lei non lo ha fatto per te, ma per sé stessa!
      Sai com’è: suona molto differente essere soltanto una semplice amica, che essere invece la mentore, ovvero quella che spiana tutto e con fare al limite dell’atteggiamento mafioso, spaccare tutto quello che si dice, osservare e perché no, contrastare su di te, soffocandoti.
      Questo atteggiamento ottuso e morboso, la tua amica, lo può e potrà manifestare con chi le pare e soprattutto nel suo blog, ma non con me, appunto, nel caso specifico!
      Credimi, Nadia, è imbarazzante per me fare attenzione a quello che si scrive e quindi mortificare la creatività, perché la ‘signorina’ mette becco, prende le difese, decide, condanna, giudica e sminuisce in casa, altrimenti d’altri editando post dove si vanta di rotture di palle e affini, c***i e affini, con considerazioni al limite dell’impudenza!

      Per cui, perdona lo sfogo cara Nadia, ma stavolta la goccia è stata proprio l’ultima.
      Smetto di scrivere sia qua, sia là.
      Proprio ci do un taglio e non se ne parla più.
      Stai tranquilla (
      e vedrai se non è vero), che la smette di ridicolizzarti proprio come se tu fossi una povera imbecille che ha bisogno del sostegno per combattere contro il mondo intero.
      La nostra avventura si chiude qua, purtroppo e non certo per responsabilità mia.

      Da me, per le discussioni c’è il Luogo delle chiacchiere (qua non c’è perché, se no, non ti avrei sporcato il capitolo e non è giusto perché è un capitolo bello e merita ben altro).
      Dopo le adeguate genuflessioni puoi farle fare, alla tua amica ben inteso, tutti i post che vuole, con palle, attributi o tutto quello che le parrà meglio in cerca di considerazione e visibilità.
      Me ne faccio una ragione.
      Faccio un passo indietro e mene vado.
      Il mondo continuerà a girare lo stesso e tutti saranno sereni, ma io non torno indietro su quanto scritto (proprio in virtù del fatto di averlo scritto, non torno indietro nella mia decisione. Sono stufo, arcistufo e scocciato a morte).

      In bocca al lupo per tutto.
      (Controlla sempre: accenti, le virgole, ò-è-é-ì-ù-à e le congiunzioni a inizio periodo, dopo il ‘punto’: sono i tuoi punti deboli. Per il resto sei brava proprio e geniale in molte intuizioni)
      Un abbraccio

      2) No, è una illustrazione di David Gaillet, l’architetto del grigio.
      Secondo la sua scuola, nei 91 toni grigi esistenti, si possono sinestesizzare i colori.
      Sue sono le direttive design che hanno fatto scuola nello stile svedese, che a me personalmente piace molto.
      Si diletta tantissimo di illustrazioni. Un tempo ci mangiava pure.

      3 La nobiltà dell’omicidio
      Questa frase venne fuori da Umberto Eco, a Bologna, facoltà di semiotica, in Strada Maggiore (dove ho esercitato per due anni al suo fianco).
      Hai mai notato come sia difficile scrivere e descrivere bene di un omicidio?
      Facile è dire che tutto è bello, che va tutto bene, oddio quanto sei brava, che sei la migliore del mondo, bla bla bla.
      Scrivere di un omicidio? No, è difficilissimo in quanto mentre si descrive si può correre il rischio di scivolare nel ridicolo.
      Beh, chi, se non la nobile arte della “Letteratura” italiana può farlo? Da qui, per estensione comune (il gergo è stato adottato, in tutte le lingue, nel mondo) la nobiltà dell’omicidio ragionato (ovvero descritto) e nero (ovvero quello che molto più comunemente si definisce, come genere noir).
      Tutto qua.
      Ciao

      Ninni
      (Ritorno al Voi)

      ——-

      Abbiate le nostre migliori cordialità

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      1. Più tardi dedicherò un intero articolo al mio pensiero in merito e anche ad un mio resoconto su questa esperienza in WordPress. Mi può fare il favore di leggerlo? Gliene sarei grata in nome dell’amicizia “letteraria” che ci ha permesso vari scambi di opinione da ottobre del 2015. Grazie. Le esporrò là il mio pensiero, ovviamente in maniera indiretta.

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        1. E forse anche un po’ sordi.
          Ti stimo molto amica mia ma tu hai esordito con un “Lord Ninni per me c’è solo un errore….”.
          So che non te ne accorgi ma è proprio questo il punto, il nocciolo della questione.

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    1. Che bel commento, grazie caro Firstime in boston! E’ un po’ il mio stile, cerco di non annoiare ma è pericoloso in quanto, a volte, potrebbe risultare superficiale. Avendo letto alcuni libri che mi facevano sbadigliare…spero di maturare il dono del dinamismo e della sinteticitá. Ci sto lavorando. Grazie.

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        1. Vedi? Cosa intendo per critiche o interventi costruttivi per me? Si facciano davvero avanti tutti in questo senso!
          E’ completo?
          Ci sono errori/dimenticanze?
          Aspetti non trattati?
          Troppo veloce/lento?
          Prima parte per cura superiore alla seconda o viceversa?
          Personaggi, descrizioni troppo superficiali? Mancanze?
          Cosa sarebbe piaciuto?
          Spessore degli argomenti trattati?
          Finale adatto o meno?
          Sentimenti arrivati o meno?
          Certo. Basta come te che ognuno tratti un aspetto tra questi o molti altri. Non andrei in confusione perchè riterrei valida l’osservazione soltanto qualora coincidesse tra due o più commentatori o se fosse già un mio dubbio. E credimi, di dubbi ne ho! Per cui mi auguro di ritrovarti in altri pezzi con i tuoi commenti intelligenti.
          Nel caso di questo pezzo, l’ho anch’io riletto pensando che, forse, un aspetto ( e non svelo quale) meritasse di essere meglio approfondito. Vedrò di rimediare, forse non nel caso specifico di questo brano ma sicuramente in futuro. Grazie di cuore. A presto.

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          1. Io non sono ne uno scrittore ne mi occupo di scrittura in maniera professionale, sono un ingegnere che ogni tanto scrive un post.. quando leggo mi piace leggere (anche se suona cacofonico) quindi se qualcosa mi colpisce e non mi annoia arrivo fine al termine del post e poi commento, in caso contrario non lo faccio.
            Riguardo le critiche, a mio modesto parere dovresti diffidare dalle facili lusinghe ma contemporaneamente anche al disfattismo eccessivo, se qualcosa piace e diverte chi se ne frega se non è perfetta, la lettura (a mio modestissimo parere) deve essere un piacere. Hai descritto la morte come mi piace leggerla a me 🙂

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  3. La mente, la mente malata sa essere terrificante! E tu l’hai tratteggiata superbamente.
    Mi chiedo come abbia fatto Anthony a procurarsi la droga, le armi per tutto quello scempio.
    (vedi come le letture intense ti accompagnano con dubbi, quesiti, brividi e emozioni?)
    Complimenti, Lady. Vado alla quarta puntata (anche se ho mille cose da fare stamattina in casa)

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